La guerra di secessione americana
raccontata attraverso le vicende di due famiglie: gli Stoneman, nordisti della
Pennsylvania, ed i Cameron, sudisti del South Carolina. Inizialmente legate da
rapporti di amicizia le due famiglie verranno separate dal tragico conflitto e
neanche la sua fine riuscirà a ristabilire la normalità dei rapporti. Il
capofamiglia nordista promuove la legge che renderà liberi gli schiavi neri,
mentre quello sudista sarà tra i fondatori del Ku Klux Klan, che vendicherà i
padroni bianchi degli stati del Sud dopo la bruciante sconfitta e riuscirà,
almeno in parte, a ripristinare la situazione dal loro punto di vista.
Colossale e celebre opera di riferimento del cinema muto, ispirata ai romanzi di
Thomas Dixon “The Clansman” e “The Leopard's Spots”, è un film essenziale nella
storia della settima arte per il decisivo e rivoluzionario apporto fornito in
termini di realizzazione tecnica e linguaggio cinematografico. Viene
considerato, quasi unanimemente, il padre fondatore della narrazione
tradizionale sul grande schermo, pur nella sua commistione tra melodramma,
celebrazione, epica e visione faziosa della storia. Griffith era un narratore
di razza, molto vicino allo spirito ottocentesco, di formazione cristiana e
rigorosamente reazionario sulla spinosa questione razziale. Autore scomodo, discusso e discutibile, ma indubbiamente geniale e dotato di un senso della narrazione epico e lungimirante rispetto ai suoi tempi pionieristici, David Wark Griffith (uno dei padri fondatori del linguaggio cinematografico moderno), oltranzista cristiano con spiritualità ottocentesca, affine al melodramma storico ma anche razzista e reazionario in merito alla questione dello schiavismo nord americano, è passato alla storia con questo imponente manifesto celebrativo propagandistico, che costituisce uno dei film più controversi e detestabili della Storia del Cinema, ma anche uno dei più essenziali e fondanti per i suoi contributi tecnici e narrativi alla "settima arte". Accusato, e non invano, di aver fatto un film razzista che piega la verità storica in funzione delle sue idee conservatrici di figlio di un colonnello sudista, Griffith si è sempre difeso sbandierando il suo atteggiamento liberal, cosa tra l'altro assolutamente fondata in altri campi rispetto alla questione razziale. Questo monumentale film muto può essere considerato il padre del lungometraggio, ma anche di tutte quelle grandi produzioni storiche che poi imperverseranno negli anni successivi. Oltre ai temi storico politici filo razzisti, la pellicola verte sul concetto centrale di famiglia: le due famiglie amiche che poi diventano rivali per colpa della storia, salvo poi riunirsi, nel finale, ancora sotto i colpi di tragedie storiche, in un simbolico matrimonio purificatore (e ovviamente ariano) che ha evidenti metafore politiche: la famiglia come nazione e la guerra tra nord e sud come conflitto (ideologico prima che fisico) tra bianchi e neri. Tante le sequenze memorabili (la battaglia di Gettysburg, l'incendio di Atlanta, la morte di Flora Cameron, il finale con tre linee narrative montate in parallelo) e tantissimi i meriti stilistici dell'opera, che si pone, in tal senso, come autentica pietra miliare. Il montaggio analitico diventa una vera e propria "arte plastica" di lavoro sulla materialità non figurativa delle immagini, dando risalto (per la prima volta in questo modo) alla coralità degli attori ed alla teatralità degli ambienti scenografici (mascherini, sfondi reali, sovrimpressioni). Grazie a quest'opera nacque una nuova forma narrativa, detta "alla Griffith", che assecondava lo sviluppo logico dell'azione tramite l'uso di un montaggio dinamico ed un insieme fluido di inquadrature brevi, rinunciando alla voce del narratore o alle continue didascalie. E’ innegabile che
questa sua opera omnia, tanto ambiziosa quanto grandiosa per i suoi tempi, sia
un film retrogrado e razzista, che, pur aprendo definitivamente la strada ai
lungometraggi, propone una lettura settaria della storia americana. Il suo
evidente elogio del famigerato Ku Klux Klan, il suo ridurre l’intera questione
ad una lotta tra bianchi e neri (parteggiando spudoratamente per i primi), il suo
far coincidere la normalità della situazione sociopolitica con uno stato delle
cose “ariano”, non può che indignare il pubblico moderno, facendo relegare la
pellicola in un contesto obsoleto, controverso e oscurantista. Ma, al di là di
questa doverosa precisazione etica, i meriti tecnici ed innovativi dell’opera
sono innegabili e chi la definisce come l’equivalente occidentale del sovietico
La
corazzata Potëmkin (1925) di Sergej M. Ejzenstejn non è lontano dalla
verità. Alla sua uscita il film ebbe grande successo negli Stati Uniti, ma non
mancarono le polemiche a causa dei numerosi scontri con la popolazione
afroamericana, scoppiati in seguito alla sua visione. A causa dell’enorme sforzo produttivo e realizzativo vi
furono diversi registi, non accreditati, che collaborarono con Griffith in
qualità di assistenti. Tra questi vanno citati Erich von Stroheim, Raoul Walsh e
Jack Conway. Tra le varie versioni circolanti del film, quella più completa è
l’edizione in laser disc della durata di 190 minuti. Oggi va giudicato ed
apprezzato per quello che è: un monumento ideologicamente capzioso e moralmente
impolverato, ma fondamentale e fondante per la storia cinematografica. Esiste quindi un doppio voto per questo film capostipite: un meritato 10 al suo immenso valore tecnico, al suo ruolo di rottura ed alle sue enormi influenze sullo sviluppo dell'estetica cinematografica futura ed un dovuto 5 per la sua anima faziosa propagandistica di ideologie xenofobe che non possono che essere contro l'uomo e contro la storia. Dopo così tanti anni, con un occhio più sereno e distaccato rispetto a certe tematiche che restano comunque (purtroppo) ancor attuali, credo sia giusto privilegiare l'importanza formale dell'opera piuttosto che i suoi discutibili contenuti ed affermare che Griffith ha dato vita, forse inconsapevolmente, ad un capolavoro scomodo che ha cambiato per sempre il corso della storia cinematografica. Esecrabile? Sicuramente sì. Imprescindibile? Pure.
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