giovedì 10 marzo 2016

Mare dentro (Mar adentro, 2004) di Alejandro Amenábar

La drammatica storia vera di Ramón Sampedro che, per colpa di un tuffo da un scoglio calcolato male, diventa tetraplegico. Ridotto a un “vegetale” in un letto nella quasi assoluta immobilità, riesce a muovere solo la testa, Ramón inizia una lunga battaglia umana e legale, durata quasi trent’anni, per ottenere il diritto ad una pietosa morte che ponga fine alla sua tragica condizione. Due donne amorevoli lo assisteranno in questo difficile percorso, pur dovendo fare i conti con i loro principi etici. Intenso dramma umano di Amenábar, che affronta con sobrio pudore un tema scottante, con enormi implicazioni morali, politiche e religiose, come quello dell’eutanasia. Tratto da una storia vera, riflette con dolente partecipazione sulle grandi domande che la situazione dello sfortunato protagonista inevitabilmente pone. La vita è un diritto o un dovere? Prolungare la vita di un malato incurabile, contro la sua volontà, è un atto di speranza o un crudele accanimento? Ovviamente il film non presume di fornire risposte, ma ci accompagna nel tragico viaggio di Ramón affinché ciascuno sia poi libero di farsi una sua opinione su una questione così ardua che entrambe le scuole di pensiero hanno, contemporaneamente, torto e ragione. Raffreddando la tensione emotiva e limando al minimo la retorica del dolore, quasi inevitabile in pellicole di questo tipo, l’autore cerca di evitare il sentimentalismo lacrimevole ponendosi nella soggettiva di Ramón, straordinariamente interpretato da un magistrale Javier Bardem. La sua interpretazione credibile, intensa e misurata è il metronomo per il tono del film, è la zavorra che riesce a tenere a freno gli eccessi patetici. Lasciando volutamente in disparte gli aspetti politici e le polemiche strumentali, il film abbraccia pienamente la vicenda umana di Ramón, per scavare nel suo animo, nel suo dolore, nei suoi sogni, nella sua vita spezzata, nei rapporti con la famiglia e con la sua bella terra, la Galizia. Scegliendo di parlare al cuore dello spettatore il regista realizza una potente elegia sulla bellezza della vita, la vita perduta di Ramón che adesso gli appare sotto forma di ricordi, profumi, suoni, immagini, sogni. Ma realizza anche una lucida riflessione sul rapporto tra l’uomo e la morte. Gli unici momenti in cui l’enfasi deborda in un lirismo esagerato consistono nell’uso eccessivo delle carrellate aeree (le improvvise aperture all’esterno per dar forma ai sogni di Ramón) e in una certa invadenza della colonna sonora, composta dallo stesso regista. La scena più toccante, che merita il plauso incondizionato, è la rievocazione dell’incidente, fatto da Ramón ad un’amica, mentre le immagini della sua vita passano in rapida sequenza sullo schermo. La pellicola è stata acclamata e pluripremiata in tutto il mondo, vincendo anche l’Oscar al miglior film straniero e la Coppa Volpi, a Bardem, al Festival del Cinema di Venezia.

Voto:
voto: 4/5

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