La drammatica storia vera di Ramón
Sampedro che, per colpa di un tuffo da un scoglio calcolato male, diventa
tetraplegico. Ridotto a un “vegetale” in un letto nella quasi assoluta
immobilità, riesce a muovere solo la testa, Ramón inizia una lunga battaglia
umana e legale, durata quasi trent’anni, per ottenere il diritto ad una pietosa
morte che ponga fine alla sua tragica condizione. Due donne amorevoli lo
assisteranno in questo difficile percorso, pur dovendo fare i conti con i loro
principi etici. Intenso dramma umano di Amenábar, che affronta con sobrio
pudore un tema scottante, con enormi implicazioni morali, politiche e
religiose, come quello dell’eutanasia. Tratto da una storia vera, riflette con
dolente partecipazione sulle grandi domande che la situazione dello sfortunato
protagonista inevitabilmente pone. La vita è un diritto o un dovere? Prolungare
la vita di un malato incurabile, contro la sua volontà, è un atto di speranza o
un crudele accanimento? Ovviamente il film non presume di fornire risposte, ma
ci accompagna nel tragico viaggio di Ramón affinché ciascuno sia poi libero di
farsi una sua opinione su una questione così ardua che entrambe le scuole di
pensiero hanno, contemporaneamente, torto e ragione. Raffreddando la tensione
emotiva e limando al minimo la retorica del dolore, quasi inevitabile in
pellicole di questo tipo, l’autore cerca di evitare il sentimentalismo
lacrimevole ponendosi nella soggettiva di Ramón, straordinariamente
interpretato da un magistrale Javier Bardem. La sua interpretazione credibile,
intensa e misurata è il metronomo per il tono del film, è la zavorra che riesce
a tenere a freno gli eccessi patetici. Lasciando volutamente in disparte gli
aspetti politici e le polemiche strumentali, il film abbraccia pienamente la
vicenda umana di Ramón, per scavare nel suo animo, nel suo dolore, nei suoi
sogni, nella sua vita spezzata, nei rapporti con la famiglia e con la sua bella
terra, la Galizia.
Scegliendo di parlare al cuore dello spettatore il regista
realizza una potente elegia sulla bellezza della vita, la vita perduta di Ramón
che adesso gli appare sotto forma di ricordi, profumi, suoni, immagini, sogni. Ma
realizza anche una lucida riflessione sul rapporto tra l’uomo e la morte. Gli
unici momenti in cui l’enfasi deborda in un lirismo esagerato consistono
nell’uso eccessivo delle carrellate aeree (le improvvise aperture all’esterno
per dar forma ai sogni di Ramón) e in una certa invadenza della colonna sonora,
composta dallo stesso regista. La scena più toccante, che merita il plauso
incondizionato, è la rievocazione dell’incidente, fatto da Ramón ad un’amica,
mentre le immagini della sua vita passano in rapida sequenza sullo schermo. La
pellicola è stata acclamata e pluripremiata in tutto il mondo, vincendo anche
l’Oscar al miglior film straniero e la Coppa Volpi, a Bardem, al Festival del Cinema di
Venezia.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento