giovedì 24 marzo 2016

I tre giorni del condor (Three Days of the Condor, 1975) di Sydney Pollack

Un gruppo di misteriosi sicari penetra in una sezione newyorkese della CIA ed uccide tutti i dipendenti. Sopravvive solo un agente, nome in codice “condor”, che si nasconde nell’appartamento di una donna ed inizia una pericolosa indagine personale per far luce sul massacro. Scoprirà un’agghiacciante complotto in cui sono implicati settori deviati della sua stessa agenzia di intelligence. Dal romanzo omonimo di James Grady, Pollack ha tratto un intenso thriller spionistico d’azione, tra i più celebri degli anni ’70, sorretto da un ritmo teso, una suspense hitchcockiana per il costante senso di minaccia incombente e dei dialoghi pungenti. Pur nelle sue inverosimiglianze spettacolari, tipiche di un certo cinema americano, si avvale di personaggi complessi, scritti egregiamente in fase di sceneggiatura, e cerca di abbozzare un discorso politico sul conflitto etico tra libertà individuale e sicurezza nazionale, dispensando graffi urticanti agli intrallazzi del potere. Figlio di quel periodo di profondo disincanto popolare, successivo allo scandalo del Watergate e alla sconfitta in Vietnam, ebbe un grande successo di pubblico per le sue ambigue atmosfere cospirative e, seppur in odore di sopravvalutazione, resta un vigoroso documento action di quell’epoca di sbandamento sociopolitico. A volte la vicenda si contorce un po’ troppo nella ricerca programmatica del colpo di scena, ma la tensione regge fino alla fine, anche grazie alla buona squadra di attori (Robert Redford, Faye Dunaway, Cliff Robertson e Max von Sydow), tutti azzeccati nei rispettivi ruoli. Per molti è un classico degli anni ’70, ma il regista ha fatto di meglio.

Voto:
voto: 3,5/5

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