giovedì 31 marzo 2016

L'angelo ubriaco (Yoidore tenshi, 1948) di Akira Kurosawa

Nei bassifondi della Tokyo post bellica, un gangster, Matsunaga, scopre di essere malato di tubercolosi. Inizialmente restio a curarsi, a causa del suo orgoglio che gli impedisce di ammettere ogni forma di debolezza, sarà convinto dalla perseveranza del dottor Sanada, un medico alcolizzato carico di profonda umanità. Tra i due uomini, così diversi, nascerà una strana ma sincera amicizia che però non riuscirà a salvare lo scriteriato Matsunaga, condannato dalla sua stessa vita criminale dedita al pericolo. Primo capolavoro del Maestro giapponese e film spartiacque della sua filmografia. Kurosawa traccia un affresco vivido e memorabile del disordine in cui versava il suo paese dopo la tragica fine della seconda guerra mondiale, con questo film magistrale, pervaso da suggestioni noir, che richiama fortemente, per confezione estetica, il neorealismo italiano. La pellicola ebbe un’enorme influenza sul cinema giapponese dell’epoca e fu acclamata da tutti i critici che la paragonarono, per stile, portata e tematica, al capolavoro di De Sica Ladri di biciclette. Il tema dell’amicizia virile (che è uno dei topoi classici dell’autore) assume qui la forma di un rapporto di amore-odio tra due perdenti, un rapporto conflittuale ma anche pregno di stima e di rispetto reciproco, latore di una flebile luce di speranza per il riscatto sociale di un paese devastato. I due attori, entrambi straordinari, Takashi Shimura e l’esordiente Toshirō Mifune, diventeranno poi icone viventi del cinema di Kurosawa. In particolare Mifune, qui già carismatico nonostante la giovane età, saprà imporsi con talento ed autorevolezza fino a diventare una star mondiale. Splendida la metafora dello stagno, il venefico acquitrino posto vicino allo studio medico di Sanada, che simboleggia il degrado morale di un Giappone annientato, nello spirito oltre che nel corpo, dalla guerra appena conclusa. Un paese allo sbando, incapace di reagire, ferito nel proprio orgoglio, afflitto dalla miseria e corroso da facili tentazioni deprecabili come il crimine e la prostituzione. In tal senso va letto il significato emblematico della tubercolosi che affligge Matsunaga, un male subdolo che erode il fisico dall’interno, tracciando un’ideale sovrapposizione tra il gangster e il suo paese. Memorabile la scena del sogno di Matsunaga, che vede il suo doppio che cerca di tirarlo dentro una bara, un’inquietante visione di morte affine al cinema di Bergman. L’edizione italiana dell’opera risulta danneggiata da una serie di maldestre modifiche apportate all’impianto sonoro di molte scene, pertanto è consigliabile vedere il film in lingua originale con sottotitoli.

Voto:
voto: 4,5/5

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