lunedì 14 marzo 2016

Il cameraman (The Cameraman, 1928) di Edward Sedgwick, Buster Keaton

Un uomo vorrebbe fare il cameraman per conquistare la bella Sally, impiegata alla Metro Goldwyn Mayer, ma è così maldestro che non riesce mai a realizzare nulla di buono, dimenticando persino di inserire la pellicola in macchina. Ma, un giorno, un filmato casualmente ripreso da una scimmietta documenta un suo atto d’eroismo ed il nostro raggiungerà il successo e l’amore di Sally. Primo lungometraggio di Buster Keaton, attore protagonista e coregista, non accreditato, insieme a Edward Sedgwick. E’ il suo primo film girato per la MGM, conosciuto in Italia anche con il titolo alternativo Io... e la scimmia. E’ uno dei capolavori del geniale attore regista di Piqua, che appartiene alle pietre miliari del cinema muto per la sua alta genialità sperimentale. Per la sua carica eversiva, la sua irresistibile forza comica, il suo funambolismo tecnico e la sua portata concettuale d’avanguardia, può essere considerato, a pieno diritto, come un magistrale saggio teorico di rottura, che riflette, criticamente, sul cinema e sulla sua industria con lucido rigore e con urticante impudenza. La sua forza trascinante è nel ritmo frenetico che ci offre una mirabolante sequenza di gag umoristiche, molte delle quali sono rimaste nell’immaginario collettivo, e che testimoniano l’estro creativo del suo autore/interprete. Dalla partita di baseball in cui Keaton gioca, da solo, in tutti i ruoli alla corsa a rotta di collo giù per le scale per rispondere alla telefonata, dalla sequenza in piscina col costume troppo largo alla guerriglia tra bande di strada a Chinatown, fino all’incontro finale sul motoscafo in corsa. L’irridente provocazione satirica alla base dell’opera (il cinema è un mero gesto tecnico riproducibile da chiunque, persino da una scimmia) stride con l’evidente genialità che deborda da gran parte delle sue scene, dando vita ad un paradosso meraviglioso, perfettamente attinente al carattere complesso ed all’esuberanza artistica del suo autore. Nel suo capolavoro Manhattan, Woody Allen ha reso omaggio alla scena in cui il cameraman (Keaton) attraversa l’intera città per raggiungere, ancora telefonicamente, l’amata Sally. Fu il penultimo film muto della carriera di Keaton ed alcuni già ci intravedono i sentori di quel declino umano che poi esploderà negli anni successivi, tra alcolismo e drammi personali.

Voto:
voto: 5/5

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