sabato 19 marzo 2016

Contact (Contact, 1997) di Robert Zemeckis

Ellie Arroway è un’astronoma piena di passione, fortemente convinta dell’esistenza di altre forme di vita nell’universo. Deve il suo carattere tenace ad un’infanzia dolorosa: già orfana di madre, perse l’amatissimo padre (che le ha inculcato la passione per le stelle) a soli 9 anni. Quando viene captato un “messaggio”, che sembra provenire dalla stella Vega, la donna impegna tutte le sue energie per la costruzione di un sofisticato mezzo spaziale, le cui istruzioni sono codificate nella stessa trasmissione misteriosa. Alla fine sarà la stessa Ellie a salire sull’avveniristica astronave ma resterà sorpresa da ciò che troverà alla fine del suo viaggio. Dall’omonimo romanzo di Carl Sagan, Zemeckis ha tratto un vibrante film di fantascienza sul tema sempiterno del contatto tra umani e alieni, infarcendolo di suggestioni mistiche, riflessioni teologiche, zuccheroso sentimentalismo e derive new age, fino a renderlo un sermone un po’ incerto sul rapporto tra scienza e fede. Diviso in tre parti (l’ascolto galattico, il segnale da Vega e il viaggio interstellare) più uno splendido prologo sull’infanzia di Ellie, è un cocktail di molti ingredienti che cerca di puntare in alto, discostandosi dalla fantascienza “commerciale” hollywoodiana e rivolgendosi verso un intimismo riflessivo a metà strada tra spiritualità e fantasy. Ma, come in tutti i cocktail che si rispettano, è la misura dei suoi elementi a determinare il risultato e qui si esagera un bel po’ nell’ultima parte in cui si scade nella favola strappalacrime. Anche la conclusione finale della diatriba filosofica alla base dell’opera (scienza versus fede) appare, francamente, troppo conciliante e buonista, all’insegna di un tranquillizzante accomodamento morale che renderà felice il pubblico mainstream formato famiglia, in cerca di messaggi edificanti. Alla sua uscita ebbe buoni riscontri di critica e pubblico, e qualcuno scomodò persino assurdi paragoni eccellenti, ma, con un regista diverso, poteva essere un film meno banale, più problematico e, probabilmente, migliore. Nel cast Jodie Foster è intensa come sempre, mentre Matthew McConaughey appare spaesato nel ruolo dell’uomo di fede. Una frase che ben rappresenta il senso dell’opera potrebbe essere: abbiamo fatto tutta questa strada per rimanere esattamente dov’eravamo. A voi la scelta su come interpretarla.

Voto:
voto: 3/5

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