Domenico fa il capostazione in un piccolo
paese del Sud Italia. E’ un uomo semplice e metodico che trascorre le sue
giornate tra attività rituali sempre uguali. Ma, in una notte di pioggia,
arriva in stazione una bella bionda in abito da sera che ha litigato col
fidanzato manesco. Aspettando il treno del mattino Domenico e la ragazza
stabiliranno un tenero legame. Interessante esordio registico di Rubini, che
adatta con garbo l’omonima pièce teatrale
di Umberto Marino, di cui lui stesso è stato attore protagonista per tre anni e
di cui ha confermato l’intero cast (Margherita Buy, Ennio Fantastichini). Con
un approccio misurato e discreto l’autore pugliese replica abilmente le
atmosfere dell’opera originale, limitandosi ad un piccolo (ma significativo)
cambiamento sul finale. Il risultato è un sottile dramma psicologico sui
sentimenti inespressi e sulle differenze di classe sociale, tratteggiato con
lieve pudore, senza mai alzare troppo i toni o scadere nel banale
sentimentalismo. L’evidente tensione, anche sessuale, che si instaura tra i due
protagonisti, così diversi per ceto di appartenenza ma accomunati dal medesimo
senso di solitudine esistenziale, diventa un malinconico e fugace idillio, il
timido sussulto di un piccolo mondo antico che non riesce ad adattarsi alle
regole del nuovo. E l’ombra del fidanzato ingombrante, sempre minacciosamente
incombente, funge da zavorra rispetto ai pindarici voli del cuore. Con questo
film Rubini torna idealmente alle sue radici: la Puglia, i treni, la
stazione (suo padre era infatti un ferroviere). C’è patos, c’è un velato
turbamento sensuale, c’è tenerezza, c’è poesia. Unica pecca evidente: i momenti comici
sono meno riusciti di quelli drammatici. Bravissima la Buy, come al solito.
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