In un ipotetico futuro il mondo è diviso
in tre super stati retti da regimi totalitari. Londra, che adesso viene
chiamata “Pista prima”, è la capitale dello stato di Oceania, che si trova
sotto la morsa del Socing (socialismo inglese), una ferrea dittatura che nega
ogni libertà, persino quella di pensiero, se non conforme alle direttive del
Partito. Sotto il giogo assillante del “Grande Fratello”, capo supremo del
Partito, che spia ogni persona attraverso un sistema di telecamere installate
ovunque, la vita della gente scorre grigia attraverso un rigido sistema di
ritualità omologanti, in cui ogni deviazione, ogni comportamento non conforme,
viene punito con il carcere, con la tortura o, nei casi estremi, con la morte.
Qui vive Winston Smith, anonimo impiegato presso il Ministero della Verità, che
però si occupa della menzogna, in accordo all’artificio mentale ideato dal
Socing, chiamato “bispensiero”, con cui il Partito intende manipolare la
storia, le idee, le coscienze e persino la memoria collettiva. Winston ha però
un ricco mondo interiore che la sferza dell’oligarchia dominante non è riuscita
a cancellare e indulge, segretamente, in comportamenti “pericolosi”. Tiene
infatti un diario nascosto, dove annota quotidianamente pensieri e ricordi
personali, e s’innamora della più giovane Julia con cui allaccia una relazione
clandestina (il sesso, come tutti i piaceri personali, era vietato dal regime se
non per scopi procreativi nell’ambito del vincolo matrimoniale). Ma i due
amanti non sanno che il Partito li tiene d’occhio da tempo e che presto saranno
oggetto di un drastico trattamento riabilitativo. Secondo adattamento
cinematografico del celebre romanzo “1984”,
capolavoro assoluto della letteratura distopica di George Orwell, che ha
enormemente influenzato i suoi posteri creando addirittura delle espressioni
entrate nel linguaggio comune e nell’immaginario collettivo. La pellicola viene
anche considerata, con una certa forzatura concettuale, il remake di Nel 2000 non sorge il sole (1956) di
Michael Anderson, che fu il primo adattamento orwelliano per il grande schermo.
L’errore da evitare assolutamente è quello di paragonare il film al romanzo,
perché, in questo caso, il paragone non regge ed il primo esce, inevitabilmente,
con le ossa rotta dall’impari confronto. Michael Radford è un discreto regista,
che realizzò il film proprio nell’anno fatidico in cui è ambientato il libro
originale (scritto nel 1948), e che, pur non riuscendo mai ad avvicinarsi alla
tensione drammatica o all’oppressione psicologica delle pagine di Orwell, ha il
merito di saper creare delle scenografie convincenti e delle atmosfere plumbee
non prive di fascinazione visionaria. Figurativamente è un’opera eccellente,
con un ottimo cast di attori bravissimi (John Hurt, Suzanna Hamilton e Richard
Burton nella sua ultima interpretazione) che danno il meglio di sé nei
rispettivi iconici ruoli, ed è sicuramente superiore alla precedente versione
di Anderson. Ai fans integralisti del romanzo ispiratore probabilmente non
piacerà ma, limando le aspettative, può essere considerato come un valido
“Bignami” del capolavoro orwelliano.
La frase: “Chi
controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla
il passato.”
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