martedì 22 marzo 2016

La mala educación (La mala educación, 2004) di Pedro Almodóvar

Enrique e Ignacio sono due ex compagni di collegio, che si ritrovano dopo vent’anni e rievocano i vecchi tempi. I due giovani hanno condiviso i primi turbamenti adolescenziali, durante i quali hanno scoperto la loro omosessualità. Ma nel loro passato c’è anche un ricordo doloroso, legato a padre Manolo, un prete pedofilo che, durante gli anni della scuola, era solito abusare sessualmente del piccolo Ignacio, verso cui provava una passione morbosa. Ignacio propone ad Enrique, che adesso è un regista in crisi d’ispirazione, di fare un film su questo tragico episodio della loro infanzia. Enrique accetta con entusiasmo, ma, come per incanto, riemerge dal passato la figura di padre Manolo, che ha smesso l’abito talare, è sposato con figli ma nutre ancora la medesima attrazione per Ignacio. Il finale riserverà parecchie sorprese. In questo melodramma passionale che stinge nel noir tutto è volutamente eccessivo: la complessa struttura a scatole cinesi, l’utilizzo continuo dei flashback che spiazzano lo spettatore, l’ulteriore dimensione metanarrativa aggiunta dal film nel film, il gioco di specchi sull’identità dei personaggi, il travestitismo, le simbologie religiose, gli ardori omosessuali, i colpi di scena. E tutto si muove schematicamente secondo le direttrici principali dei due generi nobili a cui il film sembra attingere a piene mani: il maledettismo del noir e l’infelicità del melò. Con quest’opera fortemente provocatoria Almodóvar si gioca tutto sul filo sottile dell’arduo equilibrio tra rettitudine e perversione, inferno e paradiso, etero e omo, quasi a voler sospingere la diversa condizione sociale dei gay nell’alveo di una canonica “normalità”, rispetto alla percezione della gente comune. Ma l’equilibrio in questione non può che scricchiolare di fronte ad un impianto narrativo così carico, ridondante e saturo di livori rancorosi nei confronti della Chiesa, a cui il grande regista spagnolo imputa le colpe maggiori della “cattiva educazione” del titolo. Il risultato finale è un film troppo colorito per risultare spontaneo e troppo arrabbiato per risultare sincero. Un’opera sicuramente inferiore agli ultimi eccellenti risultati raggiunti dal regista manchego. Nel cast, stavolta privo degli attori feticcio di Almodóvar, merita una menzione speciale il bravissimo Gael García Bernal, che si conferma interprete sensibile ed eclettico, capace di calarsi nei ruoli più diversi con sorprendente credibilità.

Voto:
voto: 3/5

Nessun commento:

Posta un commento