In un ospedale di Los Angeles agli inizi
del ‘900, la piccola Alexandria, ricoverata per una frattura al braccio,
incontra il giovane Roy, stuntman cinematografico rimasto paralizzato a causa
di una brutta caduta rimediata sul set. Tra l’uomo e la bambina s’instaura un
tenero rapporto a base di fiabe e racconti fantastici, con cui Roy intrattiene
abilmente la piccola ascoltatrice. Nell’universo avventuroso delle storie di
Roy ci sono cinque personaggi principali: un ex schiavo di colore divenuto un
formidabile arciere, un italiano esperto di esplosivi, il naturalista
britannico Charles Darwin e la sua piccola scimmia, un guerriero indiano ed un
valoroso bandito mascherato. A mano a mano che il racconto procede, Alexandria
prende a inserirvi, con la sua fervida fantasia infantile, persone reali della
sua vita, tra cui anche se stessa e il narratore Roy. Ben presto la realtà
inizia a confondersi con la fantasia e gli eventi drammatici che accadono
nell’ospedale trovano immediato riscontro nel mondo epico messo in piedi dai
due amici. Il visionario regista indiano Tarsem Singh (divenuto celebre nelle
pubblicità) dà fondo a tutto il suo genio inventivo in questo dramma fantasy
avventuroso dal potente respiro epico e dal mirabolante apparato visuale. Nonostante
sia un piccolo film indipendente, è ambientato in giro per il mondo (in ben 18
paesi diversi!) tra location mozzafiato, scenari da favola, e con uno spiccato
senso del grandioso, impaginato in una confezione estetica formalmente
sontuosa. Il talento dell’autore emerge anche in alcune scene di grande effetto
tecnico, come il prologo iniziale in bianco e nero o il raggio luminoso che
passa attraverso il buco della serratura e crea immagini cinematografiche. Va
detto chiaramente che questo opulento caleidoscopio di mirabilie visive,
collocato tra “Le mille e una notte”,
“Il mago di Oz” e l’omaggio al magico
potere della “settima arte”, contiene immagini tra le più belle viste al cinema
negli ultimi anni (per le quali è quasi obbligatorio il formato in alta
definizione). La celebrazione del gesto visivo è tutta protesa, verso l’alto,
per magnificare l’essenza stessa delle figure, attraverso gli smisurati campi
lunghi, il magistrale lavoro di composizione delle immagini d’ispirazione
pittorica (i richiami a Dalì sono evidentissimi e costanti), il tutto condito
con un gusto postmoderno che non teme di osare. Nonostante un certo kitsch da
cartolina nelle sequenze più enfatizzate, la scelta dell’autore di utilizzare,
come sfondo, le bellezze del mondo reale è altresì encomiabile. Le vicende
straordinarie del mondo fantastico evocato dal racconto sono evidenti metafore
surreali di quello che accade nella realtà dell’ospedale ed il film stesso
può essere letto come allegoria del potere della fantasia, ovvero del magico
rapporto che si stabilisce tra un narratore (regista) ed un attento ascoltatore
(pubblico). Eppure, nonostante i tanti pregi, qualcosa manca per gridare al
capolavoro compiuto, soprattutto in termini di omogeneità e di equilibrio. C’è
una sottile indecisione di tono tra il piglio adulto e l’ingenuità infantile,
così come, nell’universo fiabesco, tra l’avventura filosofica e il melodramma
stucchevole. Il finale, sebbene non esente da un certo buonismo favolistico,
chiude idealmente il cerchio della celebrazione al mezzo cinema attraverso
l’omaggio a quello mitico delle origini. E’ infatti esplicita la riverenza a
quegli spericolati “eroi” del cinema muto degli anni ’20 (da Buster Keaton a
Charlie Chaplin), famosi anche per le loro sequenze di incredibile impegno
fisico e di grande pericolosità. Nel cast spicca la piccola Catinca Untaru,
bravissima, affiancata dall’energico Lee Pace nel doppio ruolo del narratore
Roy e del bandito mascherato. Questo misconosciuto film di Tarsem Singh,
passato in sordina nel nostro paese, mai uscito nelle sale ma direttamente per
il mercato home video, merita ampiamente il recupero e la visione. E nella
migliore qualità video possibile.
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