giovedì 24 marzo 2016

The Fall (The Fall, 2006) di Tarsem Singh

In un ospedale di Los Angeles agli inizi del ‘900, la piccola Alexandria, ricoverata per una frattura al braccio, incontra il giovane Roy, stuntman cinematografico rimasto paralizzato a causa di una brutta caduta rimediata sul set. Tra l’uomo e la bambina s’instaura un tenero rapporto a base di fiabe e racconti fantastici, con cui Roy intrattiene abilmente la piccola ascoltatrice. Nell’universo avventuroso delle storie di Roy ci sono cinque personaggi principali: un ex schiavo di colore divenuto un formidabile arciere, un italiano esperto di esplosivi, il naturalista britannico Charles Darwin e la sua piccola scimmia, un guerriero indiano ed un valoroso bandito mascherato. A mano a mano che il racconto procede, Alexandria prende a inserirvi, con la sua fervida fantasia infantile, persone reali della sua vita, tra cui anche se stessa e il narratore Roy. Ben presto la realtà inizia a confondersi con la fantasia e gli eventi drammatici che accadono nell’ospedale trovano immediato riscontro nel mondo epico messo in piedi dai due amici. Il visionario regista indiano Tarsem Singh (divenuto celebre nelle pubblicità) dà fondo a tutto il suo genio inventivo in questo dramma fantasy avventuroso dal potente respiro epico e dal mirabolante apparato visuale. Nonostante sia un piccolo film indipendente, è ambientato in giro per il mondo (in ben 18 paesi diversi!) tra location mozzafiato, scenari da favola, e con uno spiccato senso del grandioso, impaginato in una confezione estetica formalmente sontuosa. Il talento dell’autore emerge anche in alcune scene di grande effetto tecnico, come il prologo iniziale in bianco e nero o il raggio luminoso che passa attraverso il buco della serratura e crea immagini cinematografiche. Va detto chiaramente che questo opulento caleidoscopio di mirabilie visive, collocato tra “Le mille e una notte”, “Il mago di Oz” e l’omaggio al magico potere della “settima arte”, contiene immagini tra le più belle viste al cinema negli ultimi anni (per le quali è quasi obbligatorio il formato in alta definizione). La celebrazione del gesto visivo è tutta protesa, verso l’alto, per magnificare l’essenza stessa delle figure, attraverso gli smisurati campi lunghi, il magistrale lavoro di composizione delle immagini d’ispirazione pittorica (i richiami a Dalì sono evidentissimi e costanti), il tutto condito con un gusto postmoderno che non teme di osare. Nonostante un certo kitsch da cartolina nelle sequenze più enfatizzate, la scelta dell’autore di utilizzare, come sfondo, le bellezze del mondo reale è altresì encomiabile. Le vicende straordinarie del mondo fantastico evocato dal racconto sono evidenti metafore surreali di quello che accade nella realtà dell’ospedale ed il film stesso può essere letto come allegoria del potere della fantasia, ovvero del magico rapporto che si stabilisce tra un narratore (regista) ed un attento ascoltatore (pubblico). Eppure, nonostante i tanti pregi, qualcosa manca per gridare al capolavoro compiuto, soprattutto in termini di omogeneità e di equilibrio. C’è una sottile indecisione di tono tra il piglio adulto e l’ingenuità infantile, così come, nell’universo fiabesco, tra l’avventura filosofica e il melodramma stucchevole. Il finale, sebbene non esente da un certo buonismo favolistico, chiude idealmente il cerchio della celebrazione al mezzo cinema attraverso l’omaggio a quello mitico delle origini. E’ infatti esplicita la riverenza a quegli spericolati “eroi” del cinema muto degli anni ’20 (da Buster Keaton a Charlie Chaplin), famosi anche per le loro sequenze di incredibile impegno fisico e di grande pericolosità. Nel cast spicca la piccola Catinca Untaru, bravissima, affiancata dall’energico Lee Pace nel doppio ruolo del narratore Roy e del bandito mascherato. Questo misconosciuto film di Tarsem Singh, passato in sordina nel nostro paese, mai uscito nelle sale ma direttamente per il mercato home video, merita ampiamente il recupero e la visione. E nella migliore qualità video possibile.

Voto:
voto: 4/5

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