mercoledì 16 marzo 2016

Il pasto nudo (Naked Lunch, 1991) di David Cronenberg

Bill Lee è un aspirante scrittore tossicomane di New York, che si occupa di disinfestazioni di ratti e di scarafaggi. In preda a mostruose allucinazioni cade in una specie di vita parallela in cui uccide per sbaglio la moglie dopo un tragico gioco al tiro a segno, vede la sua macchina da scrivere trasformarsi in uno scarafaggio parlante, incontra un essere repellente di natura aliena gli ordina di recarsi a Tangeri per raggiungere la misteriosa “Interzona”, conosce un altro scrittore la cui moglie è identica alla sua. Perso in un mondo d’incubo Bill non riesce più a distinguere la realtà dalle visioni. Straordinario capolavoro visionario di Cronenberg, che riesce a tradurre in immagini, potenti e disturbanti, il controverso romanzo omonimo di William S. Burroughs, da tutti ritenuto infilmabile (e da alcuni anche illeggibile). E’ il film più complesso, ambizioso e radicale del regista canadese che ci catapulta, attraverso un labirinto di sequenze deliranti e paranoiche, nell’essenza stessa dell’immaginazione, cercando il cuore oscuro del processo creativo con cui un artista (in questo caso uno scrittore) si estranea dalla realtà e “naviga” in un universo alieno dove gli incubi assumono la forma angosciante di simboli arcani. Il senso più recondito di quest’opera astratta è nel teorizzare le fondamenta di una creazione come inevitabilmente legata alla distruzione, con conseguente disgregazione dell’io cognitivo che ne rappresenta il soggetto primario. L’incontro artistico tra Cronenberg e Burroughs appariva quasi ineluttabile e, probabilmente, nessun altro regista avrebbe potuto portare sul grande schermo le opere dell’innovativo romanziere americano. Ispirandosi liberamente anche ad altri suoi racconti, nonché a fatti reali della vita dello scrittore del Missouri (come l’omicidio accidentale della moglie e il viaggio a Tangeri), Cronenberg ha prodotto un geniale distillato di tutte le sue personali ossessioni: la forza allucinatoria della mente, le mutazioni aberranti, il potere castrante della donna, l’esibizione della sessualità come “malattia”, i viaggi cerebrali sotto l’effetto di stupefacenti, i traumi devastanti. In questo magistrale caleidoscopio di metafore astratte, il regista abbatte tutte le barriere, non solo quella, classica, tra realtà e finzione, ma anche quelle tra i generi cinematografici per un film-summa che li attraversa tutti: avventura, spionaggio, parodia politica, ironia surreale, fantasy, iperbole grottesca, horror gotico, fantascienza. Straordinari gli effetti speciali “artigianali” in cui Cronenberg dà fondo a tutta la sua esuberanza visionaria, dando forma concreta ai dedali di una mente disturbata. Splendida la colonna sonora del fidato Howard Shore, con stranianti suggestioni jazz. Bravissimi anche gli attori principali: Peter Weller (nel ruolo della sua vita), Judy Davis e Ian Holm. Lo stesso Burroughs ha “spiegato” il significato dell’espressione “pasto nudo” nell’introduzione del suo libro, definendolo come “l'attimo congelato in cui ciascuno si rende conto di ciò che si trova sulla punta di ogni forchetta”. Più che un film è un’esperienza alienante, un viaggio lisergico di possente malia simbolica, da compiere almeno una volta nella vita. Il pubblico mainstream stia pure alla larga.

Voto:
voto: 5/5

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