Kameda è un puro di cuore, un inetto che
si disinteressa al denaro e alla ricchezza. Soffre di un grave disturbo
psichico (demenza epilettica), provocato da uno shock subito durante la guerra,
quando fu condotto, per errore, davanti al plotone d’esecuzione, per poi essere
salvato all’ultimo momento. Akama è un uomo violento e immorale, che conosce Kameda
durante un viaggio ad Hokkaido. I due uomini s’innamoreranno della stessa
donna, la bella Taeko, e la cosa avrà conseguenze tragiche. Straordinaria
trasposizione di Kurosawa di uno dei capolavori assoluti della letteratura
mondiale, “L'idiota” di Fëdor
Dostoevskij, lo scrittore più amato dal grande regista giapponese. Kurosawa
sposta l’azione del romanzo dalla Russia aristocratica di fine ‘800 al nord del
Giappone del primo dopoguerra, scegliendo come ambientazione la ricca borghesia
mercantile. Come nel libro i due protagonisti maschili, egregiamente
interpretati da Masayuki Mori e Toshiro Mifune, incarnano il tema del “doppio”,
moderni Caino e Abele, due facce diverse della follia. La follia bonaria di Kameda
e quella crudele di Akama. Il regista intendeva realizzare un film di quattro
ore e mezza diviso in due parti, ma le lunghe divergenze con la produzione lo
costrinsero ad un unico film ridotto a due ore e quarantacinque minuti. Purtroppo
i tagli imposti dalla casa produttrice Shochiku sono andati perduti per sempre.
Alla sua uscita fu un fiasco clamoroso, stroncato da tutta la critica
giapponese, per essere poi rivalutato, qualche anno dopo, in seguito alla
vittoria del Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia di Rashomon.
L’adesione di Kurosawa al testo (sacro) di Dostoevskij, se apparentemente
infedele nella forma, è addirittura pedissequa nello spirito dell’opera,
riprodotto con rigore maniacale nel profondo scavo psicologico dei personaggi,
nella verbosità plateale, nella tragica solennità, nelle atmosfere austere
accentuate dalle musiche di Fumio Hayasaka. Lo sfasamento geografico, temporale
e sociale, causato dalle modifiche apportate dal regista alle ambientazioni
della vicenda, produce un meraviglioso effetto straniante che trova il massimo
tripudio artistico nelle scene nevose sui ghiacci di Sapporo. In questo
scenario candido, asettico, che simboleggia la purezza di spirito di Kameda, il
film assume un tono onirico, allucinato, simbolicamente agghiacciante. E la
tragedia che si compie nella memorabile sequenza finale diventa di altezza
universale, assoluta, irreversibile. Kurosawa ricrea il capolavoro di Dostoevskij,
rispettandone l’anima ma rivestendone la forma di nuova linfa, di puro genio
visionario, di vibrante intensità drammatica. E’ uno dei rari casi di
adattamento letterario fedele ma autonomo. Il grande regista russo Tarkovskij
rese un esplicito omaggio a questo film dicendo: “adoro
Dostoevskij, ma non filmerò mai
L'idiota dopo Kurosawa”.
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