giovedì 10 marzo 2016

La palla n° 13 (Sherlock Jr., 1924) di Buster Keaton

Un proiezionista cinematografico, assiduo lettore di libri gialli, viene accusato ingiustamente del furto di un orologio da un rivale in amore che intende svilirlo agli occhi della ragazza contesa. Deluso e frustrato l’uomo si addormenta mentre è al lavoro, in cabina di proiezione, e sogna di entrare nello schermo, mescolandosi con i personaggi del film. In questa realtà alternativa egli diventa un nuovo Sherlock Holmes, un grande detective capace di risolvere un complesso caso di furto. Capolavoro assoluto del cinema muto, è il più grande film di Buster Keaton, clown triste, straordinario “folletto” dalle incredibili capacità fisiche e mimiche, spesso oscurato dal suo più famoso “rivale” Charlie Chaplin. Questa pietra miliare del cinema delle origini è una delle più audaci e geniali riflessioni sulla settima arte e sui suoi meccanismi. Fa coincidere cinema e sogno e, al contempo, celebra il cinema come sogno, glorificandone la magia ed il potere. Keaton, come tutti i geni inconsapevoli, non poteva certo sapere di aver inventato, con quest’opera surreale di alto spessore simbolico, il metacinema, influenzando fortemente tanti autori a venire. Questa esplorazione d’avanguardia del rapporto tra realtà e finzione si avvale di effetti speciali straordinari per le tecniche dell’epoca, come nella famosa scena in cui Keaton/Sherlock entra nello schermo e si ritrova immerso nella dimensione del film proiettato in sala, rimbalzando tra le inquadrature. La sequenza dello sdoppiamento onirico del protagonista nella sua proiezione astratta ideale (Sherlock) è uno dei momenti fondanti della storia cinematografica, con evidenti implicazioni rivoluzionarie rispetto al flusso della narrazione tradizionale, che qui viene scomposto in un ulteriore livello diegetico, in un gioco di scatole cinesi. Questo nuovo approccio concettuale portato da Keaton nel cinema è equivalente, e parimenti essenziale dal punto di vista artistico e culturale, a quello prodotto da Luigi Pirandello nel teatro e nella letteratura. Le relazioni sono più che evidenti: la sovrapposizione tra personaggio e persona fino alla perdita di ruolo, e di senso, lo sfasamento del piano di percezione, il relativismo del punto di vista, l’elemento onirico come universo di materializzazione dei propri bisogni inconsci. Altri aspetti fondamentali di questo capolavoro (ma di tutto il cinema di Keaton) sono il rapporto con lo spazio e con la macchina da presa. Lo spazio è l’ambiente in cui e con cui l’autore agisce ed è visto come una realtà dinamica, in divenire, destrutturata per poi essere diversamente ricomposta a seconda dell’esigenza scenica, capace di adattarsi e di seguire i movimenti funambolici del suo corpo. Anche la macchina da presa ha un rapporto simbiotico con Keaton, è un oggetto magico capace di generare sogni, arte e vita, sovrapponendosi al suo cine-occhio. Nel cinema di Keaton corpo e macchina si fondono in un equilibrio perfetto, attraverso le memorabili gag slapstick egli modella l’ambiente circostante piegandolo alla sua comicità “nuda” quasi a formare un unico corpo. Un corpo filmico che ne La palla n° 13 viene oniricamente duplicato, sfasandolo su un ulteriore piano di percezione scenico posto fuori tempo rispetto a quello originale. Questa rottura delle sequenze logiche e della tradizionale sintassi narrativa è pura genialità visionaria. Il processo creativo dell’autore mette continuamente in discussione le certezze dello spettatore, finendo per spiazzarlo del tutto nel magnifico finale: il proiezionista corteggia la sua amata mentre spia sul grande schermo i personaggi di Hearts and Pearls, in un gioco di campo e controcampo che si conclude con il suo sguardo triste in macchina, rivolto verso di noi. Con questo sberleffo surreale egli attua una demistificazione del più antico dogma hollywoodiano: il lieto fine. Ancora oggi quest’opera monumentale, di cui esistono almeno due versioni, una di 45 e l’altra di 61 minuti, è oggetto di studio da parte di critici, studiosi e appassionati di cinema. In Italia doveva uscire con il titolo Calma signori miei che venne poi sostituito dai distributori con quello attuale. Woody Allen ha espressamente citato questo capolavoro ne La rosa purpurea del Cairo (1985).

Voto:
voto: 5+/5

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