Anna, moglie infelice di un alto funzionario della Russia zarista, perde la testa per un giovane ufficiale e fugge con lui abbandonando marito e figlio. Quando però la passione svanisce lei si pente e sente la mancanza del figlio. Dopo la partenza da volontario del suo amante per la guerra contro i turchi, alla disperata Anna non resta che tornare mestamente a casa. Ma il marito, ferito nell'orgoglio e inflessibile nell'animo, la scaccia via senza possibilità di perdono. Vinta dallo sconforto e dal rimorso, la donna si uccide. Dall'omonimo e celeberrimo romanzo di Lev Tolstoj (adattato ben 12 volte per il cinema e 10 volte per la televisione), Clarence Brown ha tratto un film visivamente prezioso, esteticamente raffinato, a volte didascalico nella narrazione ma illuminato da alcune pregevoli invenzioni di regia e dalla memorabile interpretazione di Greta Garbo che prende su di sé tutto il peso drammatico, il tormento interiore, la passione bruciante e la femminilità inquieta del personaggio di Anna Karenina, che trova nella leggendaria diva svedese la sua interprete più rappresentativa. E' quasi automatico associare l'immagine della Garbo a quella dell'eroina di Tolstoj dopo questo bel film di Brown, che è probabilmente la migliore tra le tante versioni cinematografiche del capolavoro letterario. Tra l'altro la Garbo era già stata Anna Karenina nel più esile e illustrativo Love (1927) di Edmund Goulding. Matura e intensa al punto giusto per un ruolo così stimolante e complesso, la "divina" ci regala una delle sue performance migliori in questa pellicola targata Clarence Brown. Consigliata agli amanti dei grandi melodrammi storici dal fascino classico.
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