giovedì 1 giugno 2017

Exodus (Exodus, 1960) di Otto Preminger

Nel 1947 a Cipro migliaia di profughi ebrei scampati ai lager nazisti premono per raggiungere la Palestina. Tra lungaggini burocratiche (l’acceso dibattito in seno alle Nazioni Unite) e pressioni politiche (gli arabi si opponevano allo sbarco degli ebrei nei territori che da millenni rivendicavano come di loro appartenenza), la situazione non arriva ad una soluzione chiara, fino a quando un manipolo di seicento ardimentosi, attraverso un drammatico sciopero della fame, ottiene il permesso di aggirare il blocco anglo-arabo e s’imbarca sulla nave “Exodus” in direzione Palestina. Imponente dramma storico di Preminger, tratto dal romanzo di Leon Uris (ispirato ad eventi reali) e sceneggiato da Dalton Trumbo. Il risultato è un kolossal romanzato con troppe indulgenze didascaliche sulla nascita (controversa) dello stato d’Israele, un momento cruciale della storia moderna i cui effetti (per molti versi tragici) ancora insanguinano i territori palestinesi ma anche le strade dell’occidente capitalistico per le infami azioni dei terroristi islamici. Nonostante una confezione tecnica di prim’ordine, una ricostruzione storico ambientale sopraffina ed un cast internazionale di grande spessore (Paul Newman, Eva Marie Saint, Ralph Richardson, Peter Lawford, Lee J. Cobb e Sal Mineo), i limiti del film risiedono nella parzialità del racconto storico (chiaramente sbilanciato dalla parte ebraica) e nella superficialità con cui viene affrontata la questione palestinese dal punto di vista arabo. In tal senso è un film profondamente americano, nell’accezione più negativa dell’aggettivo. Da salvare le belle musiche di Ernest Gold (premiate con l’Oscar) e alcune sequenze di grande impatto come l’interrogatorio del personaggio di Mineo da parte dei militari sionisti. Anche il divo Newman appare poco credibile (e poco a suo agio) nel ruolo di un profugo ebreo.

Voto:
voto: 3/5

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