domenica 4 giugno 2017

Forza bruta (Brute Force, 1947) di Jules Dassin

Nel carcere di Westgate vige un regime di terrore a causa del sadico capo delle guardie, il capitano Munsey, che governa i prigionieri con brutalità fisica e con manipolazioni psicologiche, mettendoli abilmente l'uno contro l'altro. Alcuni detenuti organizzano meticolosamente un'evasione ma il piano fallisce per il tradimento di alcuni compagni, che, sotto tortura, svelano ogni dettaglio al perfido Munsey. Tutto si risolverà in una sanguinosa rivolta. Il produttore Hellinger aveva già realizzato nel ’46 un noir fondamentale, I gangsters di Siodmak, ed affidò al giovane Dassin la regia del suo nuovo film Forza bruta, capolavoro assoluto del cinema carcerario e, per moltissimi anni, modello indiscusso del genere di cui è, ancora oggi una delle vette indiscusse. Finalmente Dassin può lavorare liberamente e rivela, in questo film, la sua propensione per un cinema duro e per un universo virile dominato da rigidi codici di lealtà, come difesa contro una società repressiva ed ingiusta (e contro un destino di inesorabile crudeltà). Forza bruta è un film di impressionante potenza drammatica, ricco di sequenze memorabili e di personaggi emblematici: il sadico capoguardia ha i connotati di un aguzzino nazista (con espliciti e polemici riferimenti al “fascismo” delle istituzioni americane dell’epoca), il direttore del carcere esprime l’impotenza della giustizia, i detenuti rappresentano la ribellione e l’anelito di libertà. Nel film si nota un'ambigua attrazione del regista per i corpi maschili (che sarà costante nella sua opera, tanto che qualcuno ha definito il suo un “cinema di corpi”), ma quella che prevale è una visione dell’esistenza disillusa ed amara. Unica pecca dell'opera, comunque legata alle convenzioni dell’epoca, i numerosi flashback per introdurre personaggi femminili altrimenti non compatibili con la vicenda. Notevole il cast (Burt Lancaster, Hume Cronyn, Charles Bickford, Yvonne De Carlo e Ann Blyth) e la fotografia di W. Daniels e le musiche di M. Rosza. E' un film duro e massiccio, pietra miliare per il genere carcerario, se non il migliore in assoluto è di sicuro tra i primi tre.

Voto:
voto: 4,5/5

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