La vita di un tranquillo paesino della provincia francese viene sconvolta dall'arrivo di una serie di infamanti lettere anonime, firmate "il corvo", che colpiscono diverse personalità eminenti della cittadina. Il bersaglio principale è uno stimato ginecologo che viene accusato di essere l'amante della moglie del dottor Vorzet, celebre primario nell'ospedale del paese. Il gioco del misterioso corvo mette in moto un meccanismo di sospetti, paure, accuse e bassezze morali che, in breve, si espande all'intera comunità. A mano a mano che il corvo scoperchia i segreti inconfessabili dei cittadini del paese, la situazione diventa sempre più tragica e ci scapperà anche il morto. Memorabile ritratto al vetriolo della media borghesia francese, il cui insieme di ipocrisie, vizi e miserie morali viene impietosamente analizzato dal misantropo Clouzot con la stessa rigorosa lucidità di uno scienziato che annota sul suo taccuino i risultati intermedi di un esperimento scientifico. L'affresco d'insieme è sottilmente crudele, geniale nella sua pungente perfidia, non esente da un certo effettismo ideologico, ma anche accurato nei dettagli, nelle atmosfere, nel disegno psicologico dei personaggi e nella costruzione della tensione. La sceneggiatura prende le mosse da un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1917 a Tulle, anche se allora il misterioso mandante delle lettere anonime si faceva chiamare "occhio di tigre". Questo coraggioso capolavoro di Clouzot, perché è di questo si tratta, fu un antesignano del cinema nero francese, oltre che un modello originale di noir a sfondo sociale con chiari intenti di critica antropologica (la scelta della borghesia come bersaglio va ricondotta alle idee politiche dell'autore ma è evidente che la sua accusa è ben più ampia e generalista). Va anche detto che il film fu ampiamente controverso e la sua lavorazione fu molto travagliata: fu infatti girato durante la seconda guerra mondiale, mentre la Francia era occupata dai nazisti e i capitali necessari alla sua realizzazione provenivano da uno studio cinematografico con sede francese ma controllato dal Terzo Reich. Questo fatto, unito al forte accento critico della pellicola nei confronti della società francese, generò un mare di polemiche e il film fu bandito in Francia per ben quattro anni, mentre il regista fu caldamente invitato a non lavorare più nell'industria cinematografica d'oltralpe. Per fortuna gli esiti favorevoli del conflitto mondiale stemperarono gli animi, ammorbidirono le posizioni intransigenti e permisero così di salvare uno scomodo capolavoro.
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