Tokyo,
1950: nel quartiere “a luci rosse” di Yoshiwara cinque donne si prostituiscono
in una nota casa di tolleranza. Ciascuna di loro ha una storia diversa alle
spalle ed è spinta da motivazioni differenti a lavorare come schiava di
piacere. Yumeku vuole offrire un futuro migliore al figlio da cui è stata
allontanata e con cui spera di ritornare a vivere un giorno. Yorie è in attesa
di sposarsi ma non è sicura delle reali
intenzioni dell’uomo che ama e teme di poter finire in una situazione ancora
peggiore in caso di un suo rifiuto. Hanae ha una famiglia disastrata da
mantenere con un bimbo piccolo e un marito indolente, disoccupato e depresso
cronico. Mickey è scappata da una squallida
realtà provinciale in cerca di fortuna nella capitale e la scelta di vendere il
suo corpo è stata quasi una reazione alla rigida educazione ricevuta. Yasumi,
che ha un innato senso degli affari, deve aiutare suo padre a pagare gli enormi
debiti che ha contratto e sogna di aprirsi un’attività commerciale per mettersi
in proprio e diventare indipendente. Mentre la loro vita scorre tra delusioni e
aspirazioni, in parlamento si discute una legge per l’abolizione delle case di
tolleranza, che potrebbe porre improvvisamente fine al loro mondo
“sotterraneo”, grandemente frequentato da gran parte della popolazione maschile
ma che l’ipocrisia dei benpensanti sceglie di non vedere, girandosi dall’altra
parte. L’ultimo film di Mizoguchi (che morì poco dopo di leucemia all’età di 58
anni) è un nuovo memorabile ritratto storico sentimentale sulla condizione
della donna nella dura società patriarcale del Giappone del suo tempo. Asciutto
e realistico nella descrizione ambientale e antropologica delle case di
piacere, polemico nei confronti di un sistema sociale arcaico e maschilista che
costringe molte donne al degradante ruolo di schiava del sesso, pessimista
sulle possibilità di un reale cambiamento della situazione, rigido nel rifiuto
di ogni patetismo melodrammatico, dolente e pietoso verso le cinque
protagoniste, tratteggiate con ritratti esemplari dal punto di vista
introspettivo, è un po’ la summa della poetica dell’autore, con una vena più
orientata al cinico disincanto che al lirismo elegiaco. Il personaggio più interessante
è quello di Yasumi, la cui avidità, abbinata ad una furbizia maliziosa tutta
femminile, le consente di affrancarsi dalla schiavitù economica. Splendido
l’epilogo delicatamente toccante, la degna chiusura della carriera di un genio.
Il film venne distribuito in Italia solo nel 1960 e non è stato mai doppiato, ma
è reperibile in lingua originale con sottotitoli. Ne esiste anche un’altra
versione, di fatto equivalente, con il titolo Il quartiere delle luci rosse.
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