martedì 6 giugno 2017

Le donne della notte (Yoru no onnatachi, 1948) di Kenji Mizoguchi

Nel Giappone post bellico, tra città in rovina e strade devastate dai bombardamenti, vive la giovane Fusako, prostituta e amante di un boss della droga. Indurita nel cuore e nel fisico dall’asprezza della sua vita miserabile, la donna vive in un limbo di inerte apatia, senza aspettative o rimorsi particolari. Ma quando scopre che il suo uomo ha una relazione con sua sorella, Fusako si risveglia dalla grigia indolenza esistenziale e ricomincia a provare emozioni. Perchè anche soffrire significa essere ancora vivi dentro. Lucido e impietoso ritratto antropologico sociale del suo paese sconquassato dalla guerra e spezzato nel morale e nell’onore prima che nelle strutture e negli edifici. E’ un’opera atipica e spiazzante nella filmografia di Mizoguchi, un affresco potente intriso di un naturalismo feroce che ci rende partecipi di un mondo squallido, sotterraneo, notturno, popolato da reietti disperati: gangster, prostitute, malfattori, rotti a tutte le esperienze, intimamente violenti per esigenza o per vocazione. L’autore tratteggia con lucido verismo questo microcosmo di anime dannate, latori di un passato tormentato, spiriti cinici assuefatti al male e mossi unicamente dalla flebile speranza di poter, un giorno, cambiare vita. Splendida la fotografia opaca, bravissimi gli attori (con una menzione speciale per la magnifica protagonista Kinuyo Tanaka) e struggenti le atmosfere di potente intensità drammatica, con il climax emotivo nella terribile sequenza finale che evoca suggestioni da tragedia greca. Abbandonando momentaneamente i suoi meravigliosi ed eterei affreschi storici in costume, l’autore realizza un film forte e importante sulla realtà contemporanea giapponese, ricorrendo sempre alla guida privilegiata di una figura femminile, una geisha notturna intensa e dolente, capace di conservare, a tratti, un’antica fierezza persino nella sua sordida realtà di strada, tra soprusi e umiliazioni. Con quest’opera di grande impatto emozionale anche Mizoguchi, come Kurosawa, ha sperimentato con successo la via di un amaro “neorealismo” sociale, probabilmente influenzato dal grande successo mondiale di quello italiano di Rossellini, Visconti e De Sica.

Voto:
voto: 4/5

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