domenica 4 giugno 2017

Quando la città dorme (While the City Sleeps, 1956) di Fritz Lang

Amos Kyne, editore di un celebre quotidiano, muore improvvisamente. Il figlio, unico erede dell'azienda paterna, deve scegliere un direttore generale tra tre candidati, tutti affidabili e con ottime referenze. L'erede, per togliersi dagli impicci di una scelta ardua, decide di offrire la carica a quello che per primo scoprirà l'identità di un serial killer strangolatore di donne che terrorizza la città. Il penultimo film americano di Lang è un implacabile noir al vetriolo, cinico e feroce nella spietata caratterizzazione dei personaggi (tutti altamente detestabili), minuzioso nella rappresentazione dell'ambiente giornalistico e stilisticamente raffinato ai limiti del manierismo. Esattamente come in M tutto ruota intorno alla caccia ad un serial killer, ma stavolta non è la città al centro del racconto, bensì il microcosmo costituito dalla redazione di un giornale. Così la vicenda poliziesca passa in seconda linea e diventa funzionale alla descrizione delle rivalità tra i redattori (e le loro donne), cosicché il regista trova modo di integrare l’intreccio criminale con lo spaccato di un ambiente dominato dell’arrivismo, dall’interesse e dalla mancanza di scrupoli. Il giudizio dell'autore su questo mondo di miserabili avvoltoi è asettico e tagliente, come uno scienziato che annota il fallimento di un test senza alcuna possibilità di appello. Interessante il confronto tra la mente malata del killer (che automaticamente lo discolpa delle sue azioni criminose) e l'abbietta amoralità di coloro che gli danno la caccia. E' evidente la posizione ideologica del regista che nel finale della pellicola giunge alla conclusione lapidaria che il vero male è insito nella società e non può essere in alcun modo curato, perseguito o estirpato. Un monito inquietante, ma non privo di realismo e di senso logico, incastonato in un thriller dal meccanismo perfetto.

Voto:
voto: 4,5/5

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