Vern sta inseguendo l'uomo che ha stuprato e ucciso la sua donna. Con l'aiuto di un amico scopre il covo di vipere dove si è rifugiato, un equivoco ranch frequentato da criminali e fuorilegge, al cui vertice si trova la sensuale Ambra, che si innamora di Vern. Ma il nostro, pur ammaliato dal fascino della donna, non intende rinunciare alla sua vendetta. Quello che doveva essere un banale western di routine (girato su commissione) su una ordinaria storia di passione e vendetta, nelle mani di Lang diventa un fulgido gioiello di atmosfera e di ambiguità, carico di un disperato romanticismo, melodrammatico e fiammeggiante, visivamente barocco, sulle note struggenti di una ballata carica di malinconica intensità emotiva. Vi si ritrovano i temi della vendetta e del destino, e il suo lirismo visionario ha sicuramente influenzato il Ray di Johnny Guitar (1954) e il Fuller di 40 pistole (1957). Per la prima volta, inoltre, il regista riesce ad utilizzare il colore in funzione espressiva, per conferire fascino alle ricostruzioni in studio (accentuandone la meravigliosa artificiosità scenografica) e densità al clima onirico in cui il film si svolge (contraddicendo del tutto i canoni del genere). La leggendaria Marlene Dietrich, dopo anni, ritrova finalmente un ruolo all’altezza di quelli celebri dei film di Von Sternberg. Girato a basso costo, ma con tanto estro artigianale, è uno dei più affascinanti risultati del Lang americano, il cui baricentro emotivo è la figura mitica di Marlene. I violenti scontri sul set tra Lang e la Dietrich, due personalità forti e poco inclini al compromesso, sono rimasti celebri.
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