Murakawa,
gangster della yakuza ormai stanco
della vita criminale, cerca in tutti i modi di uscire dal giro ma il suo boss
gli propone un ultimo incarico: raggiungere l’isola di Okinawa per porre fine a
una guerra tra bande rivali. Una volta giunto sul posto insieme ai suoi uomini Murakawa
capisce di essere stato tradito e che ormai per lui la fine è solo una
questione di ore. In un’atmosfera surreale, su una spiaggia solitaria e
assolata, il gangster attende la morte abbandonandosi ai ricordi e recuperando
lo spirito di fanciullo. Formidabile noir gangsteristico di Takeshi Kitano,
atipico e quasi illogico nella sua concezione, divenuto immediatamente oggetto
di culto per i cinefili per la sua capacità di riscrivere i codici di un genere
nobile e fortemente codificato. Una sonatina è una composizione musicale
semplice e breve, ma anche strutturata in sezioni armoniche che richiedono una
certa competenza tecnica. Così questo film dalle due anime, che non si prende
mai troppo sul serio, è diviso rigorosamente in tre parti autonome in cui la
prima è un andante deciso di complotti criminosi (perfettamente in linea con il
cinema di genere), la seconda è un allegro scherzoso che spiazza e affascina,
una sorta di limbo etereo in cui Murakawa e i suoi scagnozzi, rassegnati per la
morte imminente, si lasciano andare a giochi, scherzi e lazzi sulla spiaggia,
quasi tornando bambini. La terza è una marcia sostenuta che punta dritta al
tragico epilogo, in un delirio surrealistico di sangue e violenza. Fedele alla
sua visione cupa e nichilista del mondo, l’autore realizza il suo capolavoro ed
il miglior yakuza movie del cinema
moderno, utilizzando uno stile astratto e fortemente stilizzato, che mescola
momenti cruenti con un umorismo nero dal sapore grottesco che rende l’opera un
prodotto ondivago, spiazzante e indefinibile, al confine tra genialità e
bizzarria. L’estetizzazione del gesto violento, il citazionismo funambolico (Peckinpah,
Leone, Mizoguchi, Melville), il romanticismo surreale, l’energia sregolata,
l’estro inventivo e la furia visiva ne fanno un importante film di nicchia per
cinefili ma, al tempo stesso, uno straordinario apologo “scherzoso” sul non
senso impalpabile della vita vista come lunga attesa della morte, da trascorrere,
ingannando il tempo, su una spiaggia assolata con la magica follia interiore
dell’età infantile, grazie alla quale ogni cosa appare possibile. Ingannare il
tempo e, forse, anche la morte.
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