mercoledì 7 giugno 2017

Sonatine (ソナチネ, 1993) di Takeshi Kitano

Murakawa, gangster della yakuza ormai stanco della vita criminale, cerca in tutti i modi di uscire dal giro ma il suo boss gli propone un ultimo incarico: raggiungere l’isola di Okinawa per porre fine a una guerra tra bande rivali. Una volta giunto sul posto insieme ai suoi uomini Murakawa capisce di essere stato tradito e che ormai per lui la fine è solo una questione di ore. In un’atmosfera surreale, su una spiaggia solitaria e assolata, il gangster attende la morte abbandonandosi ai ricordi e recuperando lo spirito di fanciullo. Formidabile noir gangsteristico di Takeshi Kitano, atipico e quasi illogico nella sua concezione, divenuto immediatamente oggetto di culto per i cinefili per la sua capacità di riscrivere i codici di un genere nobile e fortemente codificato. Una sonatina è una composizione musicale semplice e breve, ma anche strutturata in sezioni armoniche che richiedono una certa competenza tecnica. Così questo film dalle due anime, che non si prende mai troppo sul serio, è diviso rigorosamente in tre parti autonome in cui la prima è un andante deciso di complotti criminosi (perfettamente in linea con il cinema di genere), la seconda è un allegro scherzoso che spiazza e affascina, una sorta di limbo etereo in cui Murakawa e i suoi scagnozzi, rassegnati per la morte imminente, si lasciano andare a giochi, scherzi e lazzi sulla spiaggia, quasi tornando bambini. La terza è una marcia sostenuta che punta dritta al tragico epilogo, in un delirio surrealistico di sangue e violenza. Fedele alla sua visione cupa e nichilista del mondo, l’autore realizza il suo capolavoro ed il miglior yakuza movie del cinema moderno, utilizzando uno stile astratto e fortemente stilizzato, che mescola momenti cruenti con un umorismo nero dal sapore grottesco che rende l’opera un prodotto ondivago, spiazzante e indefinibile, al confine tra genialità e bizzarria. L’estetizzazione del gesto violento, il citazionismo funambolico (Peckinpah, Leone, Mizoguchi, Melville), il romanticismo surreale, l’energia sregolata, l’estro inventivo e la furia visiva ne fanno un importante film di nicchia per cinefili ma, al tempo stesso, uno straordinario apologo “scherzoso” sul non senso impalpabile della vita vista come lunga attesa della morte, da trascorrere, ingannando il tempo, su una spiaggia assolata con la magica follia interiore dell’età infantile, grazie alla quale ogni cosa appare possibile. Ingannare il tempo e, forse, anche la morte.

Voto:
voto: 4,5/5

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