mercoledì 7 giugno 2017

Tardo autunno (Akibyori, 1960) di Yasujiro Ozu

Sette anni dopo la morte di Miwa, tre suoi amici di vecchia data si recano a far visita alla sua vedova, Akiko, donna ancora molto piacente, che vive da sola con la figlia Ayako. I tre uomini, che sono sempre stati invaghiti di Akiko, cercano di attirare la sua attenzione con vecchi racconti all’insegna della nostalgia per il passato, facendosi avanti a turno nel tentativo di convincere la donna a risposarsi. Ma Akiko, che vive nel ricordo del marito scomparso, è inflessibile. Allora i tre, per nulla rassegnati, cercano di farsi avanti con la figlia Ayako, che è da sempre innamorata del giovane Goto, creando così un malinteso tra le due donne e facendo nascere delle tensioni nella famiglia. Con i tempi ed i modi di una commedia garbata, attraversata da gradevoli tocchi di umorismo generati dai goffi complotti matrimoniali tentati dai tre amici buontemponi, il Maestro Ozu ritorna sui temi di Tarda primavera, per una riflessione pacata e matura sui cardini della sua poetica, affrontati più volte nel corso della sua straordinaria filmografia. Il tempo è passato inesorabile e molte cose sono cambiate: il Giappone si sta rapidamente “occidentalizzando”, l’economia è in continuo crescendo e lo spettro della disfatta bellica è ormai lontano, eppure, in quella stessa stanza dai colori verdastri del film del ’49, le passioni, le memorie e i sentimenti (inespressi) sembrano ancora gli stessi. Con una messa in scena più teatrale del solito ed una maggiore sospensione simbolica delle emozioni, l’autore accompagna i suoi personaggi negli atti semplici quotidiani che, configurando il tempo nella loro rituale ripetizione, declinano la vita in tutte le sue forme, molte delle quali sfuggenti e affidate all’intensità di uno sguardo, alla solennità di un silenzio, allo stupore di un’espressione del volto, alla luminosità di un sorriso. Nel suo cinema semplice e rigoroso, Ozu ci trasmette pennellate di sensazioni ragionando sempre per sottrazione di emozioni, con l’assoluto controllo del mezzo cinematografico ormai conseguito dopo una formidabile carriera all’insegna della coerenza stilistica. Gli scontri generazionali e lo smarrimento di fronte ai cambiamenti sociali vengono adesso raccontati con una divertita ironia, che si concede persino il lusso di un coup de théâtre che ribalta l’impianto del suo film “gemello”: nel complesso gioco di proposte di matrimonio e ammiccamenti sentimentali, saranno i genitori a chiedere l’approvazione dei figli, quasi a sottolineare una ammissione di colpa per gli errori del passato che hanno pesantemente influenzato le nuove generazioni. Un forte atto di umiltà, di consapevolezza e di saggezza illuminata di uno dei più grandi registi del cinema mondiale, spesso definito, ingenerosamente, troppo giapponese per piacere al pubblico internazionale.

La frase: "La vita è semplice, sono le persone a complicarla."

Voto:
voto: 4,5/5

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