Un ricco proprietario terriero messicano promette un milione di pesos a chi gli porterà la testa di Alfredo Garcia, sedicente donnaiolo che gli ha messo incinta la figlia. Un pianista fallito di nome Bennie viene coinvolto nella caccia all'uomo e decide di mettersi per conto suo. Dopo aver scoperto che Garcia è morto ne dissotterra il corpo per prendere la testa e fa fuori chiunque si metta tra lui e il premio in denaro. Ma non tutto andrà come previsto. E' il più cupo, il più sporco, il più "maledetto" e il più radicale dei film di Peckinpah. Una discesa all'inferno tra abissi di violenza e degrado morale, all'insegna di un anticonformismo altamente provocatorio e di un feroce nichilismo ideologico. Un film fortemente pervaso dall'estetica ferocemente eccessiva degli anni '70 e, probabilmente, nato dalla rabbia del regista nei confronti delle case di produzione che ne hanno sempre ostacolato il percorso, inibito la libertà artistica e mortificato il genio sregolato. Ad un certo livello quest'opera tetra e misconosciuta si può considerare una sorta di versione individuale del “mucchio selvaggio” in chiave ancora più cupa, cinica e disperata. Lo humor nero del film, la sua brutalità ed i toni sarcasticamente macabri sconcertarono gli scarsi spettatori, facendone tuttavia immediatamente un oggetto di culto per i fans del regista. Nel film si può cogliere una evidente voluttà autodistruttiva, che segna l’imbocco definitivo di una strada senza ritorno per l’autore. E' un'opera estrema e delirante, a tratti volutamente sgradevole, ma non priva di estro creativo e di invenzioni visive, efferate e selvagge, consone al lato oscuro del "bad guy" del cinema americano.
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