Una
giovane ragazza madre, con ambizioni nel mondo dello spettacolo, abbandona il
figlio appena nato perché non gli sia d’impaccio. Charlot lo trova e lo prende
con sé, facendolo crescere ed evitandogli così l’orfanotrofio. Per aiutare il
suo benefattore, che di professione fa il vetraio, il piccolo “monello” rompe i
vetri altrui con i sassi. Ma un giorno riappare la madre, diventata ricca e
famosa, che vuol riprendere il figlio con sé. Capolavoro del cinema muto e
primo lungometraggio di Chaplin, in buona parte autobiografico visto che il
grande regista si è ispirato alla sua tormentata e povera infanzia negli “slums” londinesi. Ha fatto epoca ed è
rimasto scolpito nel cuore del pubblico per la sua delicata miscela di comico e
tragico, poesia e tenerezza, grottesco e commozione. Il piccolo, tenerissimo, Jackie
Coogan (che poi diventerà lo zio Fester della famiglia Addams) fa a gara con il
mattatore Charlot/Chaplin per la palma del più bravo nel conquistare l’empatia dello
spettatore. Finisce in pareggio. Questa lieve favola, ancora oggi moderna, non
ha perso la sua sincera capacità di emozionare, di far ridere e piangere,
toccando le corde più profonde dei sentimenti. Da questo film in poi l’autore
inglese utilizzerà lo sguardo del “vagabondo” Charlot per esprimere il suo
punto di vista, critico, sul mondo, accostando le celebri gag comiche ad una
serie di profonde riflessioni polemiche sulla società del suo tempo. I graffi
caustici contro la polizia, gli istituti di accoglienza per bimbi abbandonati
ed il cinismo di certe donne “in carriera” sono evidentissimi. Chaplin rieditò
la pellicola nel 1971 eliminando tre scene con la madre (interpretata da Edna
Purviance) ed aggiungendo delle musiche da lui stesso composte per l’occasione.
Almeno due sequenze sono da antologia: il sogno “paradisiaco” e Charlot che
salva il “monello” dagli uomini dell’orfanotrofio. La didascalia con cui si
apre il film (“Un film con un sorriso, forse,
una lacrima”) lo rappresenta alla perfezione, oggi come allora.
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