lunedì 7 marzo 2016

La febbre dell'oro (The Gold Rush, 1925) di Charlie Chaplin

Charlot è alle prese con le nevi del Klondike per inseguire il miraggio dei cercatori d’oro, che sperano di trovare pepite e ricchezza nelle terre selvagge. Affamato e infreddolito deve condividere una squallida baracca sull’orlo di un burrone con il grosso Giacomone che, in preda ai deliri della fame, lo scambia per un pollo arrosto e cerca di mangiarlo. Ma i due diverranno presto amici, accomunati dalla malasorte, e Charlot finirà per trovare l’amore di una ballerina nel paese vicino. E, ben presto, anche la fortuna girerà dalla parte dei due improbabili cercatori che, per caso, troveranno una miniera d’oro tra le rocce. Capolavoro assoluto di Chaplin, opera capitale nella storia del cinema muto, ancora oggi moderna per la sua capacità di descrivere la lotta per la sopravvivenza (tema centrale della pellicola) attraverso una miriade di invenzioni surreali e trovate visivamente geniali, sempre in bilico tra comico e tragico. Straordinarie le ambientazioni, che reinventano l’Alaska in studio, pur senza perdere in realismo e densità drammatica nell’esplicitazione di una natura ostile, che determina il destino degli uomini con la sua forza incontrollabile. E di fronte a questo fato l’uomo è inevitabilmente solo, in una battaglia impari che potrà vincere solo grazie alla buona sorte. Chaplin ebbe l’idea del film guardando delle diapositive d’epoca di uomini affranti dalla fatica, impegnati nella corsa all’oro sui monti ostili del Klondike, tra Canada e Alaska. La lavorazione fu però complicata da uno scandalo di natura sessuale, infatti il regista allacciò una relazione con la giovane attrice protagonista, Lita Grey, che rimase incinta durante le riprese. Chaplin si vide costretto a sposare la donna per “riparare” allo scandalo e la dovette sostituire frettolosamente con un’altra attrice, Georgia Hale, interrompendo la lavorazione per un anno e mezzo. La densità compatta dell’opera si esplica principalmente nei momenti più buffi, che poi sono anche quelli col maggior retrogusto drammatico, in accordo allo stile dell’autore. Ne La febbre dell'oro Chaplin perviene ad una completa maturità artistica, raggiungendo nuovi livelli di forza creativa che si evidenziano nell’approfondimento del suo leggendario personaggio, Charlot, che ci appare più sfumato, più sottile, quasi velato da un alone di pessimismo, pur nella sua consueta tenerezza. Le scene della fame, parossistiche nel loro goffo iperrealismo, sono di una durezza inusitata ed assolutamente nuova per il cinema di Chaplin. Così le tragiche disavventure del suo vagabondo diventano un’autentica parodia della vita e della carriera dell’autore, perennemente in bilico tra successo e solitudine. Va anche menzionato il sottotesto politico di quest’opera ben più complessa di quanto possa apparire ad una visione superficiale: Chaplin non lesina la sua critica, nei toni tipicamente indignati e umanitari che gli sono congeniali, al capitalismo, capace di provocare una “febbre” che modifica le azioni degli uomini e le loro interazioni. Lo stesso regista ha sempre dichiarato che la sua tristezza di fondo era dovuta alla contraddizione intrinseca al suo personaggio, un povero che lo ha fatto diventare ricco. E questo concetto è chiaramente presente in questo film, anzi ne costituisce l’ossatura portante. Molte le sequenze memorabili da citare: la danza dei panini durante il sogno, la capanna pendente che scivola nel crepaccio, Charlot che “diventa” una gallina o che mangia la sua scarpa coi lacci come fossero spaghetti. Nel 1942 il regista ha rieditato il film aggiungendo una traccia musicale inedita, sostituendo le didascalie con il suo commento vocale fuori campo e modificando anche il finale. Ma la versione originale resta la migliore, perché il parlato posticcio danneggia la profonda poesia intrinseca alle immagini nate mute. Fin dalla sua prima uscita fu un enorme successo di pubblico e critica ed è rimasta una delle opere più celebri ed acclamate dell’autore inglese, la quintessenza del cinema di Chaplin.

Voto:
voto: 5/5

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