giovedì 3 marzo 2016

Little Children (Little Children, 2006) di Todd Field

Le storie di due famiglie che sembrano impeccabili ma che, in realtà, sono frustrate, s’intersecano in una ricca cittadina del Connecticut. Sarah ha sposato Richard, che ha l’ossessione per il porno su internet e la trascura da anni. Todd è un padre pigro e disoccupato, con moglie documentarista rampante, che lo assilla affinché riprenda gli studi in legge. Sarah e Todd s’incontrano in un parco giochi per bambini ed intrecciano una rovente relazione clandestina, che li riporta ai “batticuori” dell’età adolescenziale. Nelle loro vicende entrerà anche quella di Ronald, un pedofilo uscito dal carcere che ritorna a casa dalla madre asfissiante, che cerca di proteggerlo dall’ostilità persecutoria dei concittadini. Ipocrisia e perbenismo nella provincia americana. Questo potrebbe essere un appropriato sottotitolo di questo dramma antropologico di Todd Field, che intende mettere a nudo il disagio esistenziale di una società solo in apparenza felice e benestante. Incapaci di crescere, di accettare la vita e le responsabilità, gli adulti sono come “piccoli bambini” fragili in balia degli eventi, come suggerito, oltre che dal titolo del film, dalla metafora delle piccole statuine nella casa di Ronald. Tra famiglie disfunzionali e silente disperazione repressa, i protagonisti appaiono come bloccati, sospesi, in balia di una paura di vivere che li ha resi schiavi dell’ipocrita morale del perbenismo. In quest’ottica il tradimento coniugale di Sarah e Todd appare come un atto di ribellione, tragico ma vitale, una disperata protesta contro l’inerzia quotidiana che li sta consumando. Come già visto nel precedente In the Bedroom (2001), il regista si dimostra perfettamente a suo agio con la materia trattata e dirige con sobrio rigore un grande cast, in cui svettano Kate Winslet e Gregg Edelman (entrambi candidati all’Oscar per la loro interpretazione), e di cui fanno parte anche Patrick Wilson, Jennifer Connelly e Noah Emmerich. Rispetto al film del 2001, Field adotta stavolta uno stile meno raggelante, aggiungendo qualche lieve tocco d’ironia accanto al registro drammatico e persino un pizzico di “compassione” nell’epilogo, senza però nulla togliere all’asprezza di fondo. E’ un buon film di attori, amaramente realistico e interamente costruito sulla psicologia dei personaggi. Inspiegabilmente non è mai stato distribuito nelle sale italiane, dove è uscito direttamente per il mercato home video.

Voto:
voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento