Trasgressioni
proibite di una borghesia viziata, pusillanime e perennemente annoiata. Lo
scrittore Michele è sposato con la procace Lisa, che lo tradisce con un attore,
Max. Non pago dei giochi erotici, il libidinoso Max le procura un amante a
pagamento, Ric, e tra i due sembra nascere un reale sentimento. Ma, ben presto,
la noia prende di nuovo il sopravvento ed il gioco di lussuria ricomincia da
capo. Patroni Griffi porta al cinema la sua omonima pièce teatrale con questo dramma erotico che intende rappresentare
il vuoto interiore e la disperazione esistenziale delle classi agiate negli
anni post boom economico. Il sesso trasgressivo diventa il mezzo per
sconfiggere il tedio quotidiano, la risposta istintiva a quel male di vivere
che affligge un’umanità capricciosa, malata di edonismo compulsivo, ma diventa
solo l’ennesimo vezzo in questa triste fiera del vacuo e del falso. La messa in
scena “salottiera”, egregiamente resa
dalla fotografia patinata di Tonino Delli Colli, non riesce a conferire la
giusta densità drammatica all’opera ed i personaggi appaiono inerti, eterei,
squallidi fantasmi di un mondo illusorio, le cui acrobazie amorose sono più
patetiche che realmente scandalose. Eppure il cast è notevole (Florinda Bolkan,
Tony Musante, Jean-Louis Trintignant, Annie Girardot, Lino Capolicchio) e tutti
recitano egregiamente, ma il problema maggiore risiede nel “manico” ovvero in
una sceneggiatura cinematografica non trasposta con il medesimo patos dell’originale
teatrale. Siamo dalle parti di un affresco glamour scintillante ma abulico,
prigioniero del suo stesso estetismo di facciata. Da ricordare la celeberrima
colonna sonora di Ennio Morricone, un’accattivante bossa nova con sequenza
ascendente di tre note, ripetute in maniera ossessiva. Un tema musicale
avvolgente che è rimasto nella memoria, sopravvivendo al film stesso. La
pellicola fu comunque un grande successo di pubblico, soprattutto per la sua
fama scandalosa.
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