Chance
è un giardiniere analfabeta e sciocco, che sa solo occuparsi amorevolmente del
giardino di un vecchio signore, che lo ha accolto con benevolenza, e conosce il
mondo attraverso la televisione, di cui è dipendente. Per una serie di bizzarri
equivoci entra nelle grazie della moglie di un magnate, che lo scambia per un
gentiluomo pittoresco ma saggio, e le sue secche affermazioni sul giardinaggio
vengono scambiate per profonde metafore di natura filosofico esistenziale. In
breve l’ingenuo Chance diventerà una celebrità e sarà addirittura ricevuto alla
Casa Bianca in veste di consigliere. Dal romanzo “Presenze” del polacco Jerzy
Kosinski, che ha scritto anche la sceneggiatura del film, Ashby ha tratto
questa commedia garbata, sotto forma di favola lieve, un po’ malinconica, con
sprazzi di tenero surrealismo. Ma sotto la coltre ingenua ed edificante si
nasconde una sottile satira di costume che ha nel mirino il sogno americano e
la mitologia del “self made man”, che vengono impunemente sbeffeggiati
attraverso l’inverosimile vicenda di Chance (il cui nome è già di per sè
emblematico), teorizzando così che qualunque idiota fortunato sia in grado di
arrivare ai vertici della scala sociale statunitense. Altro evidente oggetto
della critica del regista è il ruolo invadente e pervasivo della televisione
nella società americana, la sua capacità di ottenebrare le menti e obnubilare
le coscienze, creando così una generazione di stolti, felicemente ignari della
propria dipendenza. Ma è grazie alla superba interpretazione di Peter Sellers,
la penultima e, probabilmente, la migliore della sua carriera, che il film
riesce a regalarci i momenti migliori, in bilico tra il comico e l’amaro, il beffardo
e lo struggente. Attraverso una ricca gamma di espressioni, di sguardi, di
risatine fugaci e di movenze (come non citare la strana camminata di Chance,
che è, insieme, buffa e solenne), Sellers ci consegna un personaggio
indimenticabile nel suo mix di tenerezza, amabile impaccio e sottile
malinconia. Questo antesignano di Forrest Gump, che sembra uscito da una
vecchia pellicola di Frank Capra, è un puro di cuore, una sorta di angelo
caduto in un mondo alieno, che ne attraversa incolume le mille malizie con
l’aiuto di una virginale franchezza, che risulta disarmante per
l’interlocutore. Candidato all’Oscar come miglior attore protagonista, Sellers
si vide “soffiare” il premio dal Dustin Hoffman di Kramer contro Kramer. Fu invece premiato Melvyn Douglas, come non
protagonista, per il ruolo del potente magnate Rand, che introduce Chance nella
società “che conta”. Quest’affilata parabola satirica dal tono bonario, che
rappresenta il vertice della carriera di Ashby, sa mettere garbatamente alla
berlina due pilastri dell’american way of
life, ed attiene con eleganza al suo duplice scopo: divertire e far
riflettere. Un sorriso dal retrogusto acre.
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