Doug
MacRay è un ragazzo di Boston, di origini irlandesi, cresciuto nel malfamato
quartiere di Charlestown, tra amicizie pericolose ed un padre delinquente
sempre in galera. E’ divenuto capo di una banda di ladri specialisti in rapine
“chirurgiche” nella banche cittadine e gli “affari” vanno alla grande finché un
giorno, per coprirsi la fuga durante un colpo, sono costretti a rapire la
giovane direttrice di una filiale, Claire, per poi liberarla poco dopo
incolume. Irresistibilmente attratto dalla donna, Doug inizia con lei una
pericolosa relazione, nascondendole la sua vera identità e tenendo celata la
cosa ai membri della sua banda. Ma sulle sue tracce c’è lo zelante agente
dell’FBI Frawley, che prova a sua volta un interesse sentimentale nei confronti
di Claire. Intenso noir urbano di Affleck, di forte impatto visivo e dal ritmo
incessante, che aderisce pienamente ai canoni dei “film di rapina”, mettendo a
confronto la logica dei criminali con quella degli sbirri e cercando in entrambe
una propria “etica”. Ispirato al romanzo “Il principe dei ladri” di Chuck Hogan,
amplia il discorso che vede la città (come da titolo e in accordo ai collaudati
stilemi del cinema americano) luogo emblematico di scontro tra legalità e
illegalità, inserendovi una storia d’amore, non troppo credibile, che diventa
l’ulteriore “teatro” di lotta tra le parti belligeranti. Ed è proprio qui il
lato debole di questo film bifronte, che appare teso, nervoso e scattante nelle
scene d’azione violenta, girate con crudo dinamismo, mentre si affloscia nei troppi
momenti sentimentali, che appaiono posticci, mielosi e sovraesposti. Nella folta
galleria di personaggi, quasi tutti ben delineati, il meno interessante è il
protagonista Doug/Affleck, un cattivo glamour, romantico e muscoloso, che
sembra uscito dal più squallido dei fotoromanzi. Sono invece eccellenti le
interpretazioni di Jon Hamm, Jeremy Renner e persino di una sorprendente Blake
Lively, che va ben oltre i propri standard recitativi nel ruolo di una sporca “sgallettata”
dei bassifondi. Il film garantisce un gradevole intrattenimento e conferma le
buone qualità di Ben Affleck regista (come anche la sua scarsa attitudine in
veste di attore), ma è l’opera più debole della sua filmografia da “director”. E forse sarebbe stato meglio
non conoscere i modelli alti a cui lo stesso autore ha dichiarato di essersi
ispirato per questa pellicola: Gomorra
di Matteo Garrone e Heat
di Michael Mann. Modelli tanto alti quanto lontani, ahinoi.
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