Tradimenti, voyeurismo e
perversioni a Baton Rouge, Louisiana. L’avvocato rampante John ha sposato Ann,
bella ma sessualmente frigida, e la tradisce con la procace cognata Cynthia. Un
giorno arriva Graham, vecchio amico di John, che vive la sessualità in maniera singolare
e che, forse a causa della sua impotenza, ama riprendere le donne che parlano
di sesso e raccontano le proprie esperienze intime. La repressa Ann è
irresistibilmente attratta da lui. Interessante esordio del talentuoso Steven
Soderbergh, con questa commedia acre e spudorata, che utilizza il sesso (ovvero
il tabù per eccellenza) per abbattere l’ipocrisia ed il moralismo dei
benpensanti, attuando così una tagliente critica della società borghese. In
questo vivace frullato di scandali, coppie che scoppiano, pruriti nascosti e
desideri inconfessabili, l’autore attua una lucida analisi sulla natura umana e
sulla falsità del modello di vita agiato della middle class, in cui ciascuno s’identifica con la maschera che è
costretto a portare dalle convenzioni conformiste, salvo poi rifugiarsi
nell’eros “proibito” per cercare di essere realmente sé stesso. La struttura
narrativa, vivace ma schematica, è quella di un corrosivo dramma da camera,
verboso e sfacciato, che intende tracciare una sovrapposizione concettuale tra
la vita reale e quella in video, che ne diventa non solo un surrogato evasivo
ma, soprattutto, un’entità a cui riferirsi per confessare il proprio mondo
interiore e portarlo alla luce, proprio come durante una seduta di psicanalisi.
Il voyeurismo non appare quindi come un esercizio esecrabile di cui vergognarsi,
ma, piuttosto, uno strumento di liberazione dalla repressione sessuale, in nome
di quella libertà di fruizione a cui ciascuno dovrebbe aspirare, senza alcun
impaccio morale. Ma il meccanismo diegetico non è sempre ben oliato e,
talvolta, s’inceppa nella ricerca esasperata del virtuosismo registico. Però,
quando funziona a dovere, garantisce una convincente riflessione sulla vita di
coppia, sull’importanza del sesso nella psiche umana e sull’ingerenza del video
nel nostro quotidiano. In quest’universo materialista e un po’ meschino messo
in piedi dall’autore, in cui alcuni hanno voluto cogliere riferimenti al cinema
di Rohmer, la libido appare in bilico tra omesso ed inteso, sul filo sottile di
una narrazione volutamente irritante, che intende avvolgere lo spettatore in un
ambiguo gioco sgradevolmente conturbante. Ma non sempre la “confessione” è
all’altezza delle attese, perché le intriganti riflessioni e gli arditi
simbolismi che il regista mette in campo non sanno elevarsi al di sopra di una
platonica idealizzazione della sessualità “disinvolta”. Il film è piaciuto
tantissimo ai francesi, che lo hanno premiato con la Palma d’Oro al Festival di
Cannes, con una certa magnanimità. Nel buon cast spiccano Andie MacDowell e James
Spader, un vero abitué dei ruoli
“scandalosi”.
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