In una domenica di fine estate del 1912 il signor Ladmiral, anziano pittore che vive in una grande casa in campagna insieme alla fedele governante, riceve la visita dei suoi due figli: il maschio Gonzague, con moglie e tre figli piccoli, e l'adorata Irene, donna solare, affascinante ed inquieta. Ladmiral trascorre una serena giornata con loro, ed ha modo di passare un po' di tempo con Irene, parlando e ballando teneramente un valzer con lei. Alla sera tutti ripartono frettolosamente, la grande casa si svuota e Ladmiral rimane di nuovo solo davanti alle sue tele da dipingere. Da un racconto breve di Pierre Bost, "M. Ladmiral va bientôt mourir", Tavernier ha tratto il suo film migliore, un delicato capolavoro anti-naturalistico denso di poesia, fascinazione, eleganza, intensità emotiva. Pur partendo da una storia esile e quasi banale nella sua essenzialità, il grande regista è riuscito, con la leggerezza del tocco e la profondità dello sguardo, a trasformarla in un idillio sublime, quasi disarmante nella sua semplicità, carico di momenti magici, fascino malinconico e sentimenti puri, senza mai scadere nella retorica patetica. La raffinatezza degli ambienti, la bellezza delle piccole cose, la lettura impressionista della natura, la caratterizzazione "a specchio" dei personaggi, il retroterra dei dialoghi, la dolcezza degli affetti, i brividi nascosti, il prezioso intimismo. Tutto questo concorre alla realizzazione di un piccolo universo sereno e soave, un oasi salubre nello stanco rituale della vita quotidiana, che suggella e sublima una certa idea di felicità. Anche dal punto di vista tecnico è un film magistrale e ricco di estro inventivo, con la macchina da presa pervasa da un fluido dinamismo che pedina gli attori, esplora gli ambienti, scruta nelle grandi stanze quasi lambendo gli oggetti, come se fosse pervasa dalla stessa gioiosa vitalità dell'anziano pittore che, almeno per una giornata, vede rivivere la sua vecchia casa grazie alla presenza dei suoi cari, una salutare boccata d'ossigeno prima del ritorno dell'inerzia di tutti i giorni. Un altro tema sfumato della pellicola è quello della solitudine, che riguarda tutti i personaggi principali e trova il suo simbolo rappresentativo nei primi colori incombenti dell'autunno alle porte. Tre solitudini percepite e affrontate in maniera diversa: quella di Ladmiral è discreta, quella di Gonzague è inconsapevole e quella di Irène (il termometro emotivo del film) è irrequieta. Nel cast vanno menzionati i tre bravissimi attori protagonisti: Sabine Azéma, Louis Ducreux e Michel Aumont. Il film ha vinto il premio per la miglior regia al Festival di Cannes (meritatissimo) ed è un autentico gioiello del cinema francese, assolutamente da non perdere per i cinefili dal palato fino.
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